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Minestra di lupini legumi con gamberetti
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Gli altri piatti di Sesto Fiorentino, quelli di porcellana
Quando si parla di Sesto Fiorentino oltre ai piatti culinari dovremmo parlare anche di altri piatti. Si tratta di quelli di “porcellana” cotti nella Manifattura che il marchese Carlo Ginori fondò, nel 1737, nella sua villa di Doccia (La Villa prende questo nome dalle tante “docce”, come si chiamavano allora le tubature di coccio che servivano a portare l’acqua).
Sin dal 1730 il patrizio fiorentino, meditando di creare una manifattura di porcellane uguali a quelle famose della Sassonia, aveva fatto eseguire diverse prove utilizzando il materiale di caolino che era reperibile vicino a Sesto dove, da sempre, c’è stata la lavorazione dei “cocci” ma non quella delle porcellane in quanto, in questo caso, occorrono delle “terre” più pure e ricche di silicio che, al fortissimo calore (vicino ai 1200°), vetrifica dando la possibilità di ottenere dei manufatti assolutamente impermeabili, senza bisogno, come avviene nelle terrecotte comuni, che cuociono vicino agli 800°, di usare “vetrine” (a base di silicio) e smalti (a base di sali di piombo) per rendere gli oggetti a totale tenuta.
Le porcellane hanno inoltre la caratteristica di poter essere modellate, data la finezza dell’impasto, con una accuratezza impossibile a raggiungersi nelle “terre” comuni, generalmente a “grana” più grossa ed inoltre risultano di basso spessore, trasparenti, al contrario delle terrecotte, che sono sempre “opache”.
La tecnica della porcellana era conosciuta, oltre 2000 anni avanti Cristo, in Cina ed in Giappone, ma arrivò in Europa solo verso i primi del 1700 perchè in quegli anni Trichenhausen, a Meissen (Dresda), riuscì ad ottenere la prima pasta di “porcellana”.
Da Meissen il segreto passò a Vienna e fu qui che il marchese Ginori trovò chi avrebbe potuto aiutarlo nel suo progetto di fabbricare la prima porcellana a Doccia: col “Du Paquier”, il pittore Carlo Wendelin che già lavorava nella fabbrica ed il pratico Alarico Prugger. I primi manufatti che vennero posti in commercio verso il 1740 furono “porcellane” in pasta dura con modelli plastici e pittorici che risentivano dello stile delle manifatture tedesche.
Alla morte del marchese Carlo, nel 1757, prese le redini dell’azienda il figlio Lorenzo che ingrandì gli impianti installando nuovi forni, ma soprattutto, per l’opera di scultori quali Sodani Bensi ed il Foggini, si copiarono le statue delle collezioni Medicee dando avvio a quello stile neoclassico evidente in zuppiere a forma di tripodi, piccoli contenitori fatti a pisside e vasi ispirati all’antichità greco romana, spesso con bassorilievi ed anche con sculture a “tutto corpo” che furono, sin dall’inizio, apprezzatissimi.
Nello stesso periodo diresse il laboratorio di modellazione Gaspero Bruschi, mentre il pittore Wendelin continuava ad occuparsi del decoro. Vennero applicate alla porcellana le forme più ingegnose e bizzarre. Nei servizi da tavola si tornò al genere cinese e giapponese, con fiori e paesaggi.
Nel 1760 la Manifattura Ginori si “arricchì” delle forme “della Fabbrica di Capodimonte”, sorta vicino a Napoli a cura di Carlo III di Borbone, che alla partenza del sovrano di Napoli era stata smantellata per volere dello stesso fondatore. (Un’altra manifattura “Capodimonte” sorse allora a Madrid nel palazzo del Buen Retiro e risulta piuttosto difficile riconoscere i pezzi fatti a Napoli da quelli fatti in Spagna, perchè vennero trasferiti qui la direzione, molte maestranze, i materiali furono gli stessi ed “identico” fu il marchio di fabbrica. – Sembra che gli “stampi” che dovevano venire distrutti, perchè duplicati, furono portati a Firenze da alcuni operai che non volevano lasciare l’Italia per la Spagna-).
Nel 1791 fu prodotta terraglia all’uso inglese per fronteggiare la concorrenza straniera. Nel 1819 Leopoldo Carlo Ginori disegnò e fece costruire un forno a “quattro piani”, l’unico in Europa, che gli permetteva la cottura simultanea del vasellame a diverse temperature (questa fornace alta 37 braccia richiamò l’attenzione e la lode degli artisti e de’ scienziati, fra i quali il celebre naturalista Al. Brognart, che ne pubblicò la descrizione e la figura nel Nuovo Dizionario Tecnologico, compilato in Francia da una Società di dotti e quindi tradotto in Venezia… – da Repetti, op. cit.).
Nel 1896 la Manifattura Ginori si fuse con la Società Richard. Dopo la fusione si adottò sul piano artistico lo stile liberty al principio del secolo e poi, per l’equipe di Giò Ponti, venne rinnovato il gusto neoclassico che continua anche oggi e che prese inizio dopo la II guerra mondiale.
Vi posso assicurare che a Sesto…i bei piatti non vi mancheranno e, quando ne domanderete il prezzo, ricordatevi quello che ora vi dico: la porcellana costa quanto l’oro, difatti la scoprì, nel nostro continente, l’alchimista tedesco Giovanni Federigo Bottger nel 1600 mentre era alla ricerca della “pietra filosofale”, nel castello di Augusto il Forte, re di Polonia e dittatore di Sassonia che lo tratteneva lì perchè voleva che scoprisse il modo di fabbricare il raro metallo giallo. E Bottger, a quanto risulta, fece quanto gli era stato richiesto.
Ho scritto questo articolo grazie al Libro La Grande Cucina Italiana di Giovanni Righi Parenti, SugarCo Edizioni.
Foto villa Ginori – https://tuttosesto.net/richard-ginori-al-via-frammenti-nel-paese-della-porcellana/
Per le altre foto: http://www.comune.sesto-fiorentino.fi.it/it/biblioteca/la-ceramica-sestese
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