TARTARE DI ZUCCHINE Questo antipasto è una ricetta davvero facile e veloce da preparare. Le zucchine poi sono anche economiche …
Tartare di zucchine

Maria Rosaria De Luca
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L’Oliva. Civile e Leggendaria.
La sua pianta è uno dei simboli più antichi del mondo mediterraneo, in quanto risorsa alimentare preziosissima ma anche segno di una civiltà evoluta.
L’uomo coltiva, e consuma, le olive da almeno 6.000 anni, dall’alba, cioè, delle prime grandi civiltà. Non si tratta di una semplice coincidenza. La coltura olivaria può infatti esistere soltanto nel contesto di una società stabile, e quindi dotata di un’organizzazione politica ed economica complessa, perché richiede approfondite conoscenze botaniche, pratiche agricole sofisticate e il perfezionamento di tecniche di lavorazione specialistiche.
Uno storico successo
I primi alberi di olivo comparvero nell’Asia Occidentale, tra il Caucaso, le pendici Ovest dell’Altopiano Iraniano e le coste di Siria e Palestina. La loro coltivazione era però destinata a dilagare in tutta l’area mediterranea. Così, tra il 5.000 e 1.500 A.C., migliaia e migliaia di tronchi ritorti rivestiti di piccole foglie argentate presero a disegnare il paesaggio della Mesopotamia, di Creta e di tutta la Grecia, della Turchia del sud, di Cipro e dell’Egitto. Con l’espansione delle colonie greche, poi, nell’VIII secolo A.C. la coltura delle olive raggiunse il sud Italia ed il nord Africa e si propagò anche nel sud della Francia. Gli olivi furono successivamente piantati in tutto il mediterraneo sotto la dominazione romana. Secondo lo storico Plinio, la penisola italica produce il migliore olio d’oliva a prezzi ragionevoli già nel primo secolo dopo Cristo.
Le leggende dicono…
Quando si tratta di origini tanto antiche, ecco che a fiorire il dato storico intervengono la leggende. Così, pare che agli Egiziani l’olivo sia stato donato dalla potente Dea Iside, e che in Grecia sia spuntato grazie all’intervento della Dea Atena. Secondo la tradizione Ebraica, in Palestina la pianta era già conosciuta ai tempi di Adamo. Da sempre, e ovunque, l’olivo ha simboleggiato pace, fecondità, forza e purificazione. Una corona d’olivo, in Grecia, era il segno della vittoria nei giochi olimpici, a Roma era l’onorificenza che meritavano i cittadini più insigni. Inoltre, nel mondo antico era diffusa la credenza che l’olio do’oliva conferisse forza e giovinezza, in Egitto, in Grecia e a Roma un infuso d’olio profumato con i fiori ed erbe era usato per produrre medicine e cosmetici.
L’Olivo dei Cristiani.
Per i Cristiani e prima ancora per gli Ebrei, l’olivo era ed è un segno di augurio e di pace. Fin dai tempi di Noè. La colomba che fece uscire dall’arca dopo il diluvio universale, tornò indietro con un ramoscello di ulivo nel becco. Fu grazie a quel segno che ” Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla Terra” . Nella cultura Ebraica, poi, l’olio veniva usato per consacrare gli arredi di culto e i Sacerdoti. Il Cristianesimo ha ereditato dai ” Fratelli Maggiori” entrambi i simboli. Infatti, la Domenica delle Palme rami di olivo sono distribuiti ai fedeli in segno di festa e di pace, mentre l’olio compare nella maggior parte nei Sacramenti, dal Battesimo alla Cresima, dall’Ordinazione Sacerdotale all’Unzione degli infermi.
Il merito dei Monasteri
Nel Medioevo olive e olio d’oliva iniziano a scarseggiare in tutta Europa. L’olio vale talmente tanto da essere considerato come denaro contante. Sulla mensa dei ricchi è un emblema di opulenza. Sulla mensa dei poveri scompare del tutto. Olivi coltivati restano soltanto nelle terre di Monasteri e spetta ai Fratelli celari, responsabili della dispensa, distribuire ogni giorno a ciascuno l’olio necessario per condire i cibi. La destinazione principale dell’olio in questi secoli soprattutto liturgica: serve per impartire i sacramenti e per illuminare il Tabernacolo e l’Altare del Signore.
L’olio e la riforma.
Il mondo Cristiano ereditò dunque dai Greci e dai Romani la triade alimentare grano, vino, olio, consacrata dai significati simbolici di fondamentale importanza. Quando il Re franco Carlo Magno, nell’800, divenne Imperatore del Sacro Romano Impero, la conversione dei popoli ad esso sottomessi fu anche alimentare. Fu introdotta la regola del digiuno penitenziale. Per lunghi periodi la carne era sostituita dal formaggio, uova e pesce. E un grande ruolo toccò all’olio di oliva. La sua inarrivabile preziosità fu scalfita soltanto diversi secoli più avanti, con l’avvento della Riforma protestante, anche nel campo dell’alimentazione.
Lutero rimetteva la decisione alla coscienza del singolo, rilevando che la pretesa avversione nei confronti della carne e degli alimenti “grassi” non era deducibile dai Vangeli. Anche il burro ebbe così la sua temporanea rivalsa, e per qualche tempo lo si spalmò sul pane senza troppi pentimenti. Almeno fino ad una cinquantina di anni fa e alla “scoperta” da parte dei dietologi americani della dieta mediterranea, che restituì alle olive e all’olio lo scettro di alimenti superiori.
Non solo da spremere
Le olive ( quelle che non diventano olio) non sono quasi mai protagoniste di complesse preparazioni. Vengono conservate in salamoi e usate per arricchire e decorare pizze, insalate e pietanze di ogni tipo. Anzi, forse il meglio di se lo danno accompagnando un fresco aperitivo. Non bisogna però dimenticare che proprio la cucina italiana offre alle olive l’occasione per stupire. In Sicilia le più carnose sono imbottite con piccanti lingue di peperoni, mentre nella zona del Piceno, e in particolare ad Ascoli, le olive ripiene sono una tradizione antichissima. La ricetta prevede ingredienti gustosi: carne, formaggio, pane grattugiato, uova, farina, aromi a piacere, e soprattutto le olive più grandi e tenere. Pare che già ai tempi dei Romani in molti ne andassero pazzi. Lo conferma il Poeta Marziale, che nei suoi Epigrammi trova il modo di citare le olive del Piceno quali desiderabili prelibatezze.
Fonte Anita Tocci
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POLLO PATATE E PEPERONI questa è una ricetta che mi ha dato mia madre. Lei utilizza, come variante anche il coniglio, ma a noi piace più con il pollo
Vediamo cosa occorre per realizzare la ricetta
Procediamo alla cottura.
Per prima cosa lasciamo il pollo in acqua e sale almeno per 30 minuti, poi laviamolo e asciughiamolo. Poniamolo in una padella e coperto cuciniamolo senza aggiungere niente
.
Dopo circa 15 minuti, togliamo il coperchio e facciamo seccare l’acqua che il pollo ha sprigionato. Tritiamo la cipolla finemente e facciamola soffriggere in olio, in una padella più grande e mettiamo poi il pollo trasferendolo dalla precedente padella.
Cuociamola ancora per 5 minuti, sempre coperto. Nel frattempo peliamo e tagliamo a dadini le patate e mettiamole nella padella con il pollo, mescolando spesso.
Aggiungete dopo qualche minuto i pomodorini, sale e peperoncino (facoltativo) e fate cuocere per 15 minuti, coperto e mescolando spesso.
Quando sarà tutto cotto patate e pomodorini, aggiungiamo i peperoni precedentemente tagliati sottili e fate cuocere ancora per circa 10 minuti, fino a quando, comunque i peperoni non si saranno appassiti.
Trascorso il tempo di cottura, assaggiate per poter aggiustare di sale se occorre.
Ora che sono cotti, non vi resta che impiattarli e gustarveli
Pollo patate e peperoni
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